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Camorra (1972)

Camorra (1972)



Trama 

A Napoli, Tonino Russo, detenuto nel carcere di Poggioreale dove sta finendo di scontare una condanna a due anni per lesioni aggravate, la notte prima della sua scarcerazione prende le difese di un anziano compagno di cella preso di mira da altri detenuti con i quali ambedue condividono l'angusto alloggio. L'uomo, per riconoscenza, gli regala una discreta somma di denaro, che poi era il bottino agognato dai malfattori.
Tonino esce quindi dal carcere; una volta tornato nella sua casa al rione Traiano, viene quasi subito affrontato da un teppista del quartiere, che era stato la causa della sua detenzione per lesioni. Sfidato a duello da quest'ultimo con i coltelli, alla fine Tonino ha la meglio, ma gli risparmia la vita costringendolo a chiedergli scusa davanti a tutti. La sua "impresa" viene notata da don Mario Capece, un boss della camorra che, impressionato dalla sua determinazione, lo invita presso di sé e gli offre un lavoro come autista di camion per la distribuzione della carne, attività controllata dalla camorra.
Insieme al suo vecchio e fidato amico Cafiero, meglio conosciuto come "Sciancato", Tonino si fa subito notare da Capece per il suo impegno e, soprattutto, per il fatto di non farsi nemmeno intimorire da alcuni esponenti di un clan rivale che tentano di intralciare il suo stesso lavoro. Il caso vuole, però, che egli incontri sulla sua strada un usuraio, don Ciccillo Cotrufo, sotto le cui grinfie era finito il vecchio padre malato: quest'ultimo, che si guadagna da vivere facendo saltuariamente l'umile e poco redditizio mestiere di calzolaio, era stato costretto a ricorrervi al fine di procurarsi il denaro necessario per assicurare al figlio l'assistenza legale al suo processo, e gli interessi richiesti dallo strozzino erano schizzati a ben dieci volte la somma data in prestito.
Tonino affronta l'usuraio a viso aperto, lo picchia e lo ridicolizza davanti a tutto il quartiere ed ai suoi debitori, ma non sa che lo strozzino è un fidato compare ed amico proprio del suo capo, Capece. Quest'ultimo non esita ad infliggergli una severa punizione a suon di percosse inferte dai suoi scagnozzi, e così lo tiene in pugno: per sdebitarsi e risarcire i danni in tempi brevi, Tonino dovrà svolgere compiti più rischiosi e quindi più remunerativi, e ciò anche per riguadagnare la fiducia dei camorristi.
Dopo essere passato quindi temporaneamente al ruolo di "picchiatore" e castigamatti di persone a loro volta colpevoli di sgarri, gli viene affidata la gestione di una bisca clandestina che egli stesso aveva acquisito tempo prima per conto di Capece. Ed è qui che Tonino inizia a godersi i frutti della sua nuova attività: una potente fuoriserie (una Lamborghini Miura, sogno di molti VIP dell'epoca), una nuova casa in un elegante quartiere della città da condividere con la fidanzata Anna e non manca nemmeno un'amante, Luisa.
Il lusso però ha un prezzo, ed è proprio a questo punto che arriva il conto da saldare per il suo precedente sbaglio: per estinguere del tutto il suo debito dovrà diventare un vendicatore ed eliminare un contrabbandiere è Rosario Pietravalle, reo di aver ucciso un finanziere durante un blitz e che per questo, braccato dalla polizia, è divenuto scomodo e pericoloso per la prosecuzione delle attività illecite dei clan. Con una sorprendente determinazione e freddezza, Tonino riesce a portare a termine l'incarico nel corso del quale, però, ne consegue un pesante conflitto a fuoco scatenato dai complici di Pietravalle. Alla fine Tonino, pur avendo ucciso l'uomo ed anche un suo complice, ne esce gravemente ferito da una pallottola all'addome.
Ristabilitosi dopo aver ricevuto le cure del medico personale di Capece, ritorna a gestire la bisca di cui è divenuto il padrone assoluto. La continua ed inarrestabile evoluzione di questa - se così si può definire - "carriera" di Tonino nel mondo della camorra preoccupa un po' Capece, che comincia a temere per la sua indiscussa "leadership". Nonostante ciò, Capece da un po' di tempo aspira a diventare il capo incontrastato della camorra, e ordina quindi a Tonino di eliminare il capo di tutti i clan, don Domenico De Ritis, che è appena uscito dal carcere e si è ritirato in una villa a Capri; in cambio, Tonino questa volta avrà un ruolo di spicco al vertice della camorra. De Ritis aveva messo i bastoni fra le ruote ad un influente politico, colluso con i killer, che vorrebbe ottenere a prezzo di favore un terreno per farvi costruire degli edifici da destinare ad alloggi popolari per fini squisitamente propagandistici, che ovviamente condividerebbe con la camorra. Proprio l'onorevole in persona si è rivolto a Tonino affinché si adoperasse per intimare ai proprietari dei suoli - che si trovano in un territorio sotto il controllo di De Ritis - a cedere gli stessi. Tonino, attratto da un così tanto facile lauto guadagno, acconsente e si imbarca per Capri portando con sé una pistola ad alta precisione. Una volta giunto sul posto però, al momento di prendere la mira sul suo bersaglio, con sommo stupore si accorge che De Ritis altri non è che l'uomo al quale proprio lui aveva salvato la vita in carcere (e di cui non ne conosceva ancora il nome); memore di ciò, Tonino desiste dal suo intento e decide di disubbidire all'ordine ricevuto.
Catturato dagli uomini di De Ritis che lo aveva fatto pedinare, quest'ultimo lo elogia compiaciuto per la sua diserzione in virtù della vecchia amicizia, e per riconoscenza gli rivela che Capece gli aveva teso una trappola: infatti, dopo aver sparato a De Ritis, Tonino sarebbe stato a sua volta immediatamente eliminato da un altro uomo di Capece, il quale glielo aveva messo alle costole al fine di scongiurare l'evenienza che nel tempo potesse poi prenderne il posto.
Tonino viene quindi lasciato libero da De Ritis e fa ritorno a casa, ma la ritorsione di Capece per non aver ottemperato al suo ordine non si è fatta attendere: l'appartamento è stato messo totalmente a soqquadro, e nella camera da letto giace il corpo nudo e senza vita di Luisa, uccisa da Capece perché da questi ritenuta colpevole di aver fomentato il suo "protetto" contro di lui. Ma non è tutto: Capece gli ha anche rapito il fratello ancora minorenne e lo pone di fronte ad un atroce ricatto: per salvare il ragazzino, dovrà consegnarsi e sacrificare la propria vita.
Tonino si mette immediatamente sulle tracce del boss. Capece, nel frattempo, si rende conto di essere stato totalmente isolato e abbandonato da tutti gli altri camorristi: la notizia del fallito agguato da lui teso contro De Ritis si è subito diffusa, ed egli ha così evidenziato palesemente le sue ambizioni e quindi la totale indegnità di far ancora parte dei vertici della camorra. Insieme al suo fido Sciancato, Tonino riesce a rintracciarlo nella sua lussuosa villa dove tiene in ostaggio il ragazzo: dopo un inseguimento in auto, si trova faccia a faccia con il boss sulle pendici del Vesuvio. Riesce a mettere in salvo il fratello ma Sciancato, frappostosi per fargli da scudo, perde la vita falciato da un proiettile di Capece che però resta senza più colpi in canna. Tonino, ormai fuori di sè per l'ulteriore gesto criminale del suo vecchio capo, senza esitare ulteriormente gli spara e lo uccide per poi essere subito dopo arrestato dalla polizia, accorsa sul posto ed avvertita proprio dal padre per salvargli la vita.

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