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Così mafia e camorra attraverso il Bingo riciclavano denaro sporco in Ciociaria

Così mafia e camorra attraverso il Bingo riciclavano  denaro sporco in Ciociaria


Frosinone - «Quando sono arrivato in Ciociaria dissi che non mi sarei tirato indietro, dissi che volevo guardare cosa c’era sotto il tappeto. Ecco, adesso posso dire che è inquietante quello che c’è...
Con questa indagine dimostriamo una volta per tutte che in Ciociaria la camorra e anche la mafia riciclano denaro, una enorme quantità di denaro». Il questore Giuseppe De Matteis non usa giri di parole. Al suo fianco c’è il colonnello Roberto Piccinini, comandante provinciale della Guardia di Finanza. Insieme, polizia e berretti verdi, hanno messo a segno un colpo che squarcia il velo sugli investimenti di denaro sporco in Ciociaria.

L'INCHIESTA - L’indagine frusinate è diventata una costola dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che ieri ha portato in tutta Italia all’arresto di 57 persone ed al sequestro preventivo di beni per 200 milioni di euro, ma che soprattutto svela come camorra e mafia si sono alleate nella gestione di sale bingo, sale giochi e sale scommesse per fare soldi ma soprattutto per ripulire montagne di euro di provenienza illecita.

L’INDAGINE - Tutto parte con l’incendio del Bingo di Ferentino, nel 2008. E’ grazie a quella serie di attentati, infatti (per i quali c’è già stato un processo e tre condanne) che «soggetti contigui alla criminalità organizzata riescono ad assumere il controllo dell’impresa», spiegano gli inquirenti. Grazie a un lavoro lungo e minuzioso «si è potuto ricostruire con intercettazioni telefoniche, accertamenti patrimoniali e bancari, servizi di appostamento e pedinamento e l’esame di copiosa documentazione contabile - raccontano gli investigatori - una vastissima e rilevante attività di acquisizioni societarie in diverse città italiane da parte di soggetti che a vario titolo rappresentavano una convergenza di interessi tra diverse consorterie criminali si stampo mafioso e stampo camorristico». Gli inquirenti parlano di «faccendieri scaltri e spregiudicati che fanno da raccordo con il crimine organizzato». Come Vincenzo La Ventura che si presenta ai proprietari della sala bingo che sono in difficoltà e si dice pronto a rilevare quote della srl. «Pensavano di aver trovato un’ancora di salvezza - spiega il questore Giuseppe De Matteis - invece trovano il loro carnefice».

LE ORDINANZE - Sono sei gli arrestati nell’ambito del filone ciociaro dell’indagine. Oltre a La Ventura ci sono Luigi Nigro (che viene intercettato mentre telefona al boss Setola per chiedere aiuto), Antonio Padovani, Luciano e Mario Cantone e Vincenzo Pellegrino. Nessuno di loro vive in Ciociaria. «E’ una scelta - spiegano gli inquirenti - vogliono restare invisibili perché qui ripuliscono e riciclano denaro sporco».

GLI INDAGATI - Nell’indagine risultano indagate anche altre 21 persone, sono prestanome, imprenditori e professionisti che hanno agevolato il riciclaggio di denaro. Tra loro c’è anche un notissimo commercialista frusinate che in passato ha ricoperto incarichi nella pubblica amministrazione. Altre 89 persone sono state invece sottoposte ad accertamenti patrimoniali.

LE ACCUSE - Gli arrestati sono ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, reimpiego di denaro di provenienza illecita e intestazione fittizia dei beni. Con l’aggravante dell’articolo 7 della legge 203 del ’91 che punisce chi commette reati favorendo le associazioni mafiose.

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