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Mafia, inchiesta archiviata Renato Schifani scagionato

Mafia, inchiesta archiviata Renato Schifani scagionato

Dopo quindici anni il caso è chiuso. Il giudice accoglie la richiesta della stessa Procura. Non ci sono i requisiti minimi per mandare sotto processo l'ex presidente del Senato.

PALERMO- Quindici anni di indagini tra richieste di archiviazione e inviti ad andare avanti nelle indagini. Ora il caso è chiuso. Non ci sono i requisiti minimi per mandare sotto processo l'ex presidente del Senato, Renato Schifani. Il giudice per le indagini preliminari Vittorio Anania ha archiviato l'indagine per concorso in associazione mafiosa, accogliendo la richiesta dei pubblici ministeri Paolo Guido e Nino Di Matteo.

L'inchiesta, già in passato archiviata, era stata riaperta nell'estate del 2010. Sul fascicolo spuntò il nome Schioperatu per garantire il massimo della riservatezza alla seconda carica dello Stato. Nel fascicolo sono confluite le dichiarazioni di alcuni pentiti. A cominciare da Gaspare Spatuzza. L'ex braccio destro dei fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio, parlò delle visite che una quindicina di anni fa Schifani, all'epoca avvocato amministrativista, avrebbe fatto all'imprenditore Pippo Cosenza, suo cliente. Nel capannone di quest'ultimo, disse il collaboratore, sarebbe stato presente anche Filippo Graviano, all'epoca non ancora latitante. Alle accuse di Spatuzza si sono aggiunte quelle di Francesco Campanella e Stefano Lo Verso, entrambi vicini al clan mafioso dei Mandalà di Villabate, alleati storici di Bernardo Provenzano.

Lo Verso, testimoniando in aula al processo per favoreggiamento aggravato al generale dei carabinieri Mario Mori, disse di avere saputo dal capomafia Nicola Mandalà che avevano "nelle mani Renato Schifani”.

Campanella, ex politico dell'Udeur e condannato per avere favorito la latitanza di Provenzano (fu lui a procurare la carta di identità per consentire al padrino corleonese di andare in Francia per curarsi), una volta divenuto collaboratore di giustizia disse che Schifani avrebbe messo a disposizione del capofamiglia del mandamento, Nino Mandalà, (allora incensurato) le sue conoscenze giuridiche. L'avvocato avrebbe suggerito come modificare il piano regolatore per andare incontro alle esigenze imprenditoriali del clan mafioso. Campanella fu querelato da Schifani. Il Gip archiviò, ma espresse dubbi sulla veridicità della accuse del pentito.

Nel luglio del 2013 il gip ritenne necessario un supplemento di indagini. Espletate le quali la sostanza non è cambiata: l'impianto accusatorio non può reggere il processo. E dunque si chiude la vicenda giudiziaria di Schifani, ex presidente del Senato e oggi uno dei leader del Nuovo centrodestra.

Le motivazioni del Gip

Scrive il gip "sono emerse talune relazioni con personaggi inseriti nell'ambiente mafioso o vicini a detto ambiente, nel periodo in cui lo Schifani era attivamente impegnato nella sua attività di legale, civilista, e di esperto in diritto amministrativo". Ma si tratta di relazioni che riguardano l'esercizio della professione forense e che non valgono "per sostenere un'accusa in giudizio, tanto più che, a prescindere dalla consapevolezza dell'indagato sull'effettiva caratura mafiosa dei suoi interlocutori, tali condotte si collocano perlopiù in un periodo ormai lontano nel tempo (primi degli anni '90). - si legge nella motivazione del giudice - Fatti per i quali opererebbe in ogni caso la prescrizione, in assenza di successive e più aggiornate emergenze, che possano valere ad attualizzare il significato di azioni e comportamenti astrattamente riconducibili al reato".

Risultate prive di riscontro poi le accuse del pentito di Villabate, Francesco Campanella, circa la "manipolazione del piano regolatore del paese a favore di esponenti mafiosi come Antonino Mandalà e il figlio Nicola". Schifani si era occupato di quella materia come esperto di diritto amministrativo. Non hanno inoltre alcun valore le affermazioni di Totò Riina, intercettate in carcere ("È una mente... il paese di lui era mandamento nostro"). E infine lo stesso costruttore e testimone di giustizia Innocenzo Lo Sicco dice che la consulenza di Schifani su alcuni palazzi da lui realizzati era "assolutamente legale".

Il commento di Alfano

"La grande fiducia che il presidente Schifani ha riposto nella Giustizia è stata ripagata". Così il leader del Nuovo Centrodestra, Angelino Alfano, commenta così la notizia dell'archiviazione dell'indagine sul presidente Renato Schifani. "La realtà ha avuto il sopravvento sulle accuse - prosegue Alfano - evidenziando la correttezza del suo comportamento e la serenità e con cui ha atteso la chiusura dell'inchiesta. Noi siamo sempre stati con lui, nell'assoluta certezza della sua linearità morale, professionale e politica".

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