Il pentito: «Sono disposto
a perdere la vita per il bene».
Saviano: messaggio mafioso
ROMA
Gaspare Spatuzza,l’uomo di Cosa Nostra che ha aperto i più devastanti scenari sulle stragi di mafia del ’92-’93 e sostenuto la presenza di interessi politici dietro la «strategia delle stragi» avviata dalle cosche, continuerà a collaborare con i magistrati. Le sue dichiarazioni, comprese quelle sul senatore Pdl Marcello dell’Utri, potranno essere utilizzate nei processi e la sua credibilità, nonostante le riserve espresse dalla commissione del Viminale che ha bocciato per il «picciotto» il programma di protezione previsto dalla legge sui pentiti, non è messa in discussione.
Spatuzza annuncia ai pm di Firenze la sua volontà di continuare a collaborare, ma è profondamente amareggiato: «Tutta la criminalità organizzata sta certamente gioendo e magari brindando a questa vittoria». Il no del Viminale al programma di protezione per il pentito di mafia ha scatenato le ire dell’opposizione di alcuni magistrati, primo tra tutti il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari che indaga sulla strage di Via D’Amelio. Con accenti diversi ma unanimi, i partiti dell’opposizione danno una interpretazione del «no» del Viminale come un minaccioso ammonimento per Spatuzza, da legare alle sue verità sui rapporti tra mafia e politica nei primi anni Novanta che l’esponente di Cosa Nostra potrebbe avere, secondo molti,ancora nel cassetto.
La commissione del Viminale, presieduta dal sottosegretario Alfredo Mantovano e composta da magistrati e alti ufficiali di vari corpi, ha preso la sua decisione basandosi sul fatto che Spatuzza, per sua stessa ammissione, è venuto meno ad un requisito fondamentale per essere considerato un pentito: il dire tutto quello che si sa in un tempo determinato (180 giorni) e non nei quasi 20 mesi durante i quali ha di fatto riscritto tutta la vicenda che ha portato alla morte di Paolo Borsellino e della sua scorta. Va anche ricordato che Spatuzza, parlando di Berlusconi e Dell’Utri in un interrogatorio dell’ottobre del 2009, disse che avrebbe fatto dichiarazioni sul loro eventuale ruolo nella vicenda solo dopo aver ottenuto da «subito» il programma di protezione. Le motivazioni del «no», inviate oggi da Mantovano in commissione Antimafia, sostengono che nonostante la sua richiesta sia stata avallata da tre Procure (Palermo, Caltanissetta e Firenze, oltre alla Superprocura ) permangono delle «riserve in ordine all’effettiva e piena ’aperturà dello Spatuzza, che non sembra aver fornito, sul piano della novità della collaborazione, le ampie e approfondite informazioni che era legittimo attendersi in considerazione dello spessore mafioso del dichiarante».
Il ministro Alfano, da New York, minimizza l’accaduto: a suo giudizio si è trattato solo di un «procedimento amministrativo che poggia sul rispetto delle leggi che regolano le collaborazioni». Nulla, insomma, sarebbe cambiato sul piano sostanziale. Sulla stessa linea i capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato, Cicchitto e Gasparri. Mentre invece protestano i finiani che con Granata si dicono «sorpresi». Ben diversa l’interpretazione che viene dalle opposizioni che parlano di «vendetta politica» e «intimidazione» (Idv), di vera e proprio ammonimento e di «messaggio mafioso» (Sinistra e Libertà) o di «minaccia di morte» (Verdi). Il Pd, con Laura Garavini commenta positivamente la volontà di Spatuzza di andare avanti nelle dichiarazioni ma anche l’assoluta necessità che la sua sicurezza sia garantita. A riassumere le molte preplessità della giornata è stato lo scrittore Roberto Saviano: L’esclusione dal programma di protezione «è quasi un modo per ricattarlo per dirgli "basta, è tutto finito, nessuno ti proteggera"». E quasi un monito a tutti gli affiliati «a pensarci prima di collaborare, perchè lo Stato potrebbe mollarli».
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