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Trattativa Stato-mafia Scontro su Napolitano


Trattativa Stato-mafia Scontro su Napolitano

Dopo la richiesta della procura di Palermo di ascoltare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come testimone nell’ambito dell’inchiesta su Stato-mafia s’accende lo scontro politico. La notizia non viene commentata dal Quirinale, non si vogliono rinfocolare le polemiche. Ma certo la decisione della Procura non ha trovato il Capo dello Stato indifferente. Con lui vengono citati anche l’attuale presidente del Senato, Pietro Grasso, l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. Dal Colle dunque non si commenta la notizia, perché non si vuole alimentare una polemica che in passato ha assunto toni drammatici e che andrebbe a impattare su un clima politico che nella giustizia ha uno dei suoi argomenti più spinosi.
Ci pensano gli altri a gettare benzina sul fuoco. La decisione della procura di Palermo, Giorgio Napolitano, è un «atto doveroso» dice Antonio Ingroia, ieri a Piazza San Giovanni per la manifestazione Fiom. Secondo l’ex candidato premier di Rivoluzione Civile, si tratta semplicemente di una «conseguenza inevitabile e doverosa delle indagini svolte assieme, anche perché, quando lessi la lettera di Loris D'Ambrosio», l’allora consigliere del Quirinale, «mi colpì subito il riferimento agli "indicibili accordi" che erano sullo sfondo di quelle vicende. Da quella lettera sembra di capire che Loris D'Ambrosio poteva aver parlato con Napolitano. E quali "indicibili accordi" se non quelli di una trattativa tra Stato e Mafia?», conclude Ingroia.
La vede al contrario Fabrizio Cicchitto (Pdl): «Il rinnovato attacco della Procura di Palermo al presidente Napolitano, e cioè a quella che è non solo la figura istituzionale di maggiore rilievo, ma anche la personalità di maggior prestigio dalla quale dipende per larga parte la stabilità e le possibilità di modernizzazione del quadro politico e istituzionale, rende evidente che esiste un nucleo sia pur ristretto di magistrati che vuole destabilizzare tutto il sistema».
Va sulla stessa scia il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «È davvero opinabile la decisione di ascoltare il presidente Napolitano presa da parte della magistratura palermitana». Aggiunge: «Il fatto che Ingroia, già cancellato opportunamente dagli elettori e intento a far vacanza, approvi la decisione della Procura di Palermo ci dimostra in modo inequivocabile che è una scelta sbagliata. Invece di far perdere tempo a Napolitano a Palermo - prosegue Gasparri - si esiga la verità da Ciampi. È lui che deve parlare. Era presidente del Consiglio quando, con la regia di Scalfaro fu decisa la cancellazione del carcere duro per centinaia di boss. È un’offesa ai tanti caduti nella lotta alla mafia questo silenzio ostinato. Ciampi sa tutto. Ci furono nomine illegittime di cui Scalfaro fu coautore per cambiare linea e dare segnali ai boss. Conso lo ha ammesso. Ciampi liberi la sua coscienza da questo peso». Conclude: «La colpa è grave. Ma è più pesante la colpa del silenzio. Invece di molestare il Quirinale di oggi si esiga la verità da chi fu protagonista di scelte che gravano sulla storia della Repubblica. Ciampi invece di avallare libri poco utili dica cosa fece con Scalfaro e perché. Negare l'evidenza dei fatti è un esercizio inutile. Che non potremo consentire».
Interviene anche l’ex pm, Antonio Di Pietro: «Vogliamo sapere tutta la verità sulla trattativa fra Stato e mafia. Noi di IdV lo abbiamo gridato nelle piazze, lo abbiamo chiesto più volte in Parlamento e non ci stancheremo mai di ripeterlo e denunciarlo: un Paese non può definirsi civile e democratico se non fa piena luce su una delle pagine più controverse e buie della sua storia e se non consegna alla giustizia coloro che hanno barbaramente ucciso chi ha servito lo Stato con onestà e sacrifico anche a costo della propria vita». Il leader dell’Idv aggiunge: «A distanza di 20 anni dalla stagione torbida della trattativa fra Stato e mafia continuano ad emergere frammenti di verità, come l'inedito filmato dei vigili del Fuoco, nel giorno della strage di via D'Amelio, in cui si vede un losco individuo armeggiare vicino all'agenda rossa del valoroso magistrato Paolo Borsellino. Chi era quell'uomo e per conto di chi lavorava? Non è più tempo di omissioni, depistaggi, strani sucidi e colpevoli silenzi. La procura di Palermo, nel processo sulla trattativa che inizierà a maggio ha chiamato a testimoniare personaggi eccellenti, fra cui il Capo dello Stato. Quella frase sugli "accordi indicibili" contenuta nella lettera inviatagli dal suo consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio, lo scorso 18 giugno, è inquietante. Tutti gli italiani hanno il diritto di sapere di quali accordi si parla».

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