13 Gennaio 1906 Corleone (PA) Ucciso il medico Andrea Orlando, consigliere comunale, sostenne i contadini nelle lotte per le “affittanze collettive”, aiutandoli a costituire la cooperativa “Unione agricola”.
Andrea Orlando
Medico e Consigliere comunale
Corleone (PA), 13 Gennaio 1906
Articolo di Dino Paternostro: ecorav.it
Andrea Orlando era medico chirurgo, possidente, figlio del
farmacista Giovanni e di Marianna Streva. Nato a Corleone nel 1864, era quasi
coetaneo di Bernardino Verro, con il quale condivise le ansie di rinnovamento
della politica municipale e lo slancio per migliorare le condizioni di vita e
di lavoro della povera gente. Un “apostolo” del socialismo, come si usava dire
allora, con un linguaggio mutuato dal Vangelo. Da medico, conosceva bene
l'assoluta povertà di tante famiglie contadine, che diventava tragedia davanti
ad una malattia. E, come accadeva al medico socialista di Piana degli Albanesi,
Nicolò Barbato, anche Orlando non di rado curava gratuitamente la povera gente.
Eletto consigliere comunale nelle fila socialista, si batté
contro la cricca che amministrava il comune, per la moralizzazione della vita
pubblica. In primo luogo, contro il metodo con cui venivano determinate le
tasse comunali. A quel tempo, infatti, il maggior “diletto” degli
amministratori comunali era quello di non iscrivere a ruolo le loro famiglie e
i loro amici e - per pareggiare il bilancio - spremere all'inverosimile
centinaia di famiglie povere. Una costante in tanti comuni siciliani di quel
periodo.
Insieme a questa attività in consiglio comunale, Andrea
Orlando sostenne i contadini nelle lotte per le “affittanze collettive”,
aiutandoli a costituire la cooperativa “Unione agricola”. Per la mafia, gli
agrari e certi amministratori comunali, certamente un personaggio scomodo, da
eliminare. Ed anche per lui arrivò il piombo mafioso. La sera del 13 gennaio
1906, intorno alle 19.30, si trovava in contrada “Rianciale”, dove aveva un
appezzamento di terra. Gli spararono contro due colpi di lupara, uccidendolo
sul colpo: aveva 42 anni.
Articolo tratto da La Sicilia del 26 ottobre 2008
Per lettura completa: cittanuove-corleone.it
Quando le «lupare» impaurivano il paese
di Dino Paternostro
Delitti impuniti. Ai primi del ’900 i «fratuzzi» decisero
l’eliminazione del contadino Nicoletti e del medico Orlando
A Corleone, nei primi anni del Novecento, altri due delitti
politico-mafiosi contro esponenti di primo piano del movimento socialista
locale avevano scosso l’opinione pubblica. Allora, leader indiscusso dei
contadini corleonesi era Bernardino Verro, che in quel periodo era andato in
esilio a Tunisi per sfuggire agli arresti. Assente Verro, la guida del
movimento era stata assunta da Luciano Nicoletti, un coraggioso contadino di 51
anni, originario di Prizzi, già attivo durante i Fasci. La battaglia in municipio,
invece, fu continuata con determinazione dal dott. Orlando, che mise
sott’accusa la gestione dei fondi comunali da parte del tesoriere. E
un’ispezione prefettizia sul bilancio gli diede ragione. I funzionari
accertarono, infatti, disordine nel servizio di cassa, trascuratezza nel
patrimonio, mancanza di controlli precisi», stigmatizzando i metodi di gestione
di don Vito Marcianò. «Il tesoriere - scrissero gli ispettori - si trova spesso
ad avere a disposizione un fondo cassa rilevantissimo, qualche volta superiore
alla cauzione, come è avvenuto fino al 1902. Questo fatto può essere causa di
gravi inconvenienti». Mentre in paese si combatteva questa durissima battaglia
politico-sociale, Verro era sempre costretto a stare in esilio per sfuggire al
carcere. Ma, agli inizi del 1905, decise di rientrare clandestinamente a
Palermo, per ricoverarsi all’ospedale civile «San Saverio» dove sarebbe stato
operato di una vecchia ernia. L’idea era quella - con la compiacenza dei
sanitari - di trascorrere in ospedale i 18 mesi che avrebbe dovuto passare in
carcere. Ma la preoccupazione per il riavvicinamento di Verro a Corleone,
insieme alla rabbia per l’accanimento con cui Orlando in consiglio comunale e
Nicoletti tra i contadini continuavano a contrastarli, convinsero gli agrari e
i fratuzzi a cambiare radicalmente strategia. La sera del 14 ottobre 1905, due
killer si appostarono nei pressi della chiesa di san Marco, aspettando Luciano
Nicoletti. Il coraggioso contadino non tardò a passare. Tornava a piedi dai
campi. Lo chiamarono per nome. Fece appena in tempo a girarsi, che due colpi di
lupara lo colpirono al petto, uccidendolo. Aveva 54 anni. Lasciò la moglie,
Caterina Guagliardo, e cinque figli. Il delitto fu inquadrato nell’ambito degli
«attriti di partito, ma ben presto tutto venne archiviato e la morte di
Nicoletti rimase per sempre «a carico d’ignoti ». La sera del 13 gennaio 1906,
fu saldato il conto anche ad Andrea Orlando. Il medico si trovava in contrada
«Rianciale», dove aveva un appezzamento di terra. Lo uccisero con due colpi di
lupara. Aveva 42 anni. A Corleone i due omicidi destarono grande impressione.
Si capì che i fratuzzi avevano deciso di passare alle maniere forti, anche
perché, fino ad allora, nello scontro col movimento contadino, non avevano mai
usato l’arma dell’assassinio. Bernardino Verro, pur fremendo di rabbia per la
morte dei suoi amici, capì che l’unico modo per evitare la sconfitta del
movimento socialista era quello di riorganizzarlo. I contadini corleonesi
avevano già costruito pietra su pietra, in Via Tribuna, la «Casa del Popolo».
Diede l’indicazione, quindi, di formare la cooperativa «Unione agricola», il
cui atto costitutivo fu sottoscritto il 2 giugno 1906. Finalmente, il 29 giugno
1906, finita di scontare la pena, Verro poté lasciare l’ospedale San Saverio e
tornare a Corleone con un treno speciale, accompagnato da una folta delegazione
di contadini.
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