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NTERROGATORIO A REBIBBIA DA PARTE DEL GUP DI PALERMO, PIERGIORGIO MOROSINI

Stato-Mafia, le verità di Brusca
“Mancino destinatario del papello”

L’ex pentito di mafia parla nel bunker del carcere romano. La mafia avrebbe compiuto attentati contro i sindaci democristiani Nello Martellucci ed Elda Pucci per conto di Vito Ciancimino. Per Brusca i due capi di Cosa Nostra, Riina e Provenzano, erano spesso in contrasto tra loro. Negato ogni riferimento a Violante. “Con l’omicidio Lima si voleva colpire politicamente Andreotti”. L’incarico di assassinare Mannino fu sospeso

Il pentito Giovanni Brusca
ROMA -
Nega di aver ritrovato la memoria su particolari mai svelati prima per salvarsi dall'indagine per riciclaggio in cui e' stato coinvolto nel 2010 e definisce il boss Toto' Riina il suo ''maestro d'arte''. Comincia cosi', nel bunker del carcere di Rebibbia, la deposizione del pentito Giovanni Brusca all'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Brusca, che e' uno dei 10 imputati, e' stato citato dal gup che ha disposto intergrazioni probatorie. Il collaboratore di giustizia, che nel 2010 venne accusato di avere occultato e reinvestito parte del suo tesoro sottratto agli inquirenti, sostiene di essersi deciso a dire tutta la verita' dopo avere incontrato i familiari di alcune vittime della mafia.
Attentati per conto di Vito Ciancimino
L'ex pentito Giovanni Brusca sostiene che la mafia ha compiuto attentati contro Nello Martellucci e Elda Pucci, che furono sindaci democristiani di Palermo negli anni '80, per conto di Vito Ciancimino. Così Brusca racconta a Roma, al Gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, che lo interroga. Martellucci, ricordato dalle cronache per aver detto che la mafia non esiste, e la Pucci subirono intimidazioni negli anni del loro mandato. Alla Pucci fu anche distrutta con un'esplosione la casa di campagna. 

Difficili rapporti tra Riina e Provenzano 
"I rapporti tra Riina e Provenzano spesso erano di contrasto" a causa dei rapporti che Provenzano intratteneva con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Ha sostenuto l'ex pentito. Brusca ha specificato che Riina "contestava a Provenzano di farsi soggiogare da Ciancimino". Secondo le tesi dell'accusa, Ciancimino sarebbe stato il tramite tra ufficiali del Ros dei carabinieri e Provenzano negli anni delle stragi mafiose.

Mai parlato di Violante
Brusca, poi, ricorda: "Non ho mai parlato di Luciano Violante". L’ex pentito nega di aver mai fatto il nome dell'ex presidente della Camera e della commissione parlamentare Antimafia, all'epoca esponente del Pds, durante la sua collaborazione con la giustizia. Per dimostrarlo, Brusca produce in aula un verbale di un suo interrogatorio del 28 agosto del 1996. 

Delitto Lima per colpire Andreotti
"Con l'omicidio Lima si voleva colpire politicamente Andreotti", dice Brusca nel corso dell’interrogatorio nell'aula bunker di Rebibbia a Roma nell'udienza preliminare per la trattativa tra Stato e mafia. L'eurodeputato Dc Salvo Lima, capocorrente degli andreottiani in Sicilia venne ucciso a Palermo il 12 marzo del 1992. Secondo i magistrati venne assassinato da Cosa nostra perchè non avrebbe mantenuto fede ai suoi impegni con i boss sul maxiprocesso. Nel '92 si andò anche al voto e Brusca ha spiegato al gup Piergiorgio Morosini che "nell'aprile del '92 non avevamo preferenze politiche e neppure indicazioni. Volevamo solo distruggere la corrente andreottiana".

Mancino destinatario finale del “papello”
L’ex pentito arriva poi all’ex ministro dell’Interno. "Nicola Mancino era il destinatario finale del 'papello'", il documento con le richieste di Cosa Nostra allo Stato per fermare le stragi. Il 'papello', che conteneva le condizioni del boss corleonese Toto' Riina, sarebbe stato affidato all'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino all'epoca in cui Mancino era ministro dell'Interno. Nel procedimento, Mancino e' imputato solo di falsa testimonianza, e ha sempre negato di aver mai saputo nulla della trattativa.

Brusca, che ha accettato di essere interrogato dal Gup benche' in quanto imputato avrebbe potuto avvalersi della facolta' di non rispondere, sostiene anche che per fare pressioni sulla politica gli era stato affidato l'incarico di assassinare l'ex ministro democristiano del Mezzogiorno, Calogero Mannino. Poi i capimafia gli avrebbero chiesto di sospendere il piano per l'omicidio. La tesi della Procura e' che Mannino abbia assunto un ruolo nella trattativa proprio nel timore di essere ucciso. L'ex ministro ha chiesto e ottenuto di essere processato col rito abbreviato e la sua posizione e' stata perciò stralciata.

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