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Mafia: chiesta condanna per il senatore Antonio D’alì

Mafia: chiesta condanna  per il senatore Antonio D’alì

La condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa è stata chiesta per il senatore Antonio D’Alì (Pdl) nel giudizio abbreviato che si celebra davanti al gup Giovanni Francolini.
Nella loro requisitoria i pm Paolo Guido e Andrea Tarondo hanno ricostruito un sistema di relazioni che per oltre 25 anni il parlamentare avrebbe sviluppato con l’imprenditoria mafiosa di Trapani e con alcuni esponenti di spicco di cosa nostra tra cui il latitante Matteo Messina Denaro e il boss Vincenzo Virga, che attualmente viene tra l’altro processato come mandante dell’uccisione del giornalista Mauro Rostagno.
La pena ipotizzata dai pm per il senatore D’Alì era di 11 anni ridotta a 7 anni e 4 anni per lo sconto dovuto alla scelta del rito abbreviato.
La requisitoria, protrattasi per tre udienze, ha descritto un intreccio di relazioni tra il parlamentare e le cosche trapanesi sullo sfondo di un sistema affaristico inquinato. Secondo i pm, D’Ali’ avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per importanti opere pubbliche, dal porto di Castellammare agli interventi per l’America’s cup.
Il senatore si sarebbe inoltre adoperato perche’ un immobile di proprietà di un imprenditore vicino a Cosa nostra fosse affittato come caserma dei carabinieri di San Vito Lo Capo.
Per l’accusa il collegamento dell’esponente del Pdl con gli interessi mafiosi emerge in modo significativo dalla vicenda del prefetto Sodano che venne trasferito mentre cercava di opporsi al tentativo della mafia di riappropriarsi della ‘Calcestruzzi ericina’, un’azienda sequestrata al boss Francesco Virga.
Dei collegamenti di D’Alì hanno parlato vari pentiti tra cui Antonino Giuffrè, Antonio Sinacori, Francesco Campanella e Antonino Birrittella. I pm hanno richiamato anche il contenuto di varie intercettazioni ambientali, compresa quella di Tommaso Coppola, che in carcere parlava di D’Ali’ come di un politico ‘a disposizione’ della mafia.
L’accusa ritiene che D’Alì, soprattutto all’epoca in cui è stato sottosegretario all’Interno, è stato protagonista “accorto e prudente’”di rapporti molto stretti con ambienti e interessi di mafia.
Il processo proseguirà il 21 giugno con gli interventi delle parti civili tra cui alcune associazioni antimafia. Affermano i legali del politico Gino Bosco e Stefano Pellegrino: “non c’è stata da parte del nostro cliente alcuna condotta concreta, effettiva e fattuale agevolatrice dell’associazione mafiosa e pertanto chiederemo la piena assoluzione perchè il fatto non sussiste”.

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