Il boss (1973)
Il boss è un film del 1973 diretto da Fernando Di Leo.
Terzo e ultimo capitolo della trilogia del milieu di Fernando Di Leo, il film è ambientato in una Palermo cupa e prevalentemente notturna.
Trama
Palermo. Nicola Lanzetta, uno spietato killer agli ordini di don Giuseppe Daniello, si introduce in un piccolo cinema durante la proiezione di un film porno e massacra a colpi dilanciagranate la gang del boss Antonino Attardi, "colpevole" di aver accolto tra le sue file Cocchi, un killer calabrese che vende informazioni alla commissione antimafia e mira a diventare membro della mafia. Il commissario Torri, incaricato delle indagini, parla con Cocchi che vuole reclutare nuovi uomini per vendicarsi di Daniello insieme a Carlo Attardi, il fratello del defunto. Torri però avvisa don Corrasco, il boss ai vertici dell'organizzazione mafiosa a cui è legato, dei progetti del calabrese.
Cocchi mette in atto la sua ritorsione e fa rapire Rina, figlia ventenne di Daniello, e chiede al boss di consegnarsi a loro in cambio della figlia. Don Giuseppe accetterebbe ma don Corrasco non è d'accordo ed ordina a Lanzetta di sorvegliarlo. Nel frattempo al questore arriva un rapporto dell'antimafia, che denuncia la collusione tra il commissario Torri e don Corrasco.
I rapitori hanno trovato un accordo con Daniello per il pagamento di 500 milioni di lire ma Lanzetta lo uccide per impedirlo su ordine di don Corrasco. Intanto Carlo Attardi confessa a Lanzetta che Rina è tenuta prigioniera dai suoi rapitori nelle vetrerie abbandonate diRandazzo con la promessa di poter fuggire incolume negli Stati Uniti; così Lanzetta trova il nascondiglio e sorprende la ragazza che amoreggia con i suoi rapitori, in preda all'alcool e alla marijuana che le hanno fatto fumare. Dopo averli uccisi, porta Rina a casa sua e viene sedotto da lei, decidendo di tenerla con sé. Nel frattempo Carlo Attardi viene portato in una fornace da Pignataro, un gregario incaricato della sua custodia sino al ritrovamento di Rina, e buttato vivo tra le fiamme su ordine di don Corrasco, venendo meno alla promessa fattagli.
Intanto Cocchi e i suoi uomini travestiti da poliziotti sterminano alcuni killer che si sono rifiutati di dire chi ha liberato Rina. Interviene subito l'avvocato Rizzo, che parla a nome di alcuni misteriosi politici di Roma, che ordina a don Corrasco di far cessare queste uccisioni, altrimenti i parlamentari non lo appoggeranno più. Ma don Corrasco vuole vendetta ed ordina a Lanzetta di radunare alcuni uomini e fare strage degli uomini di Cocchi, che però riesce a salvarsi durante una violenta sparatoria in un suo cantiere. Rizzo però continua ad insistere, chiedendo la morte di Lanzetta, considerato il maggiore responsabile degli ultimi omicidi avvenuti.
Don Corrasco chiede così al commissario Torri di organizzare una trappola contro Lanzetta che però si salva perché avvertito da Pignataro. Così il killer minaccia Torri con la pistola e gli ordina di far venire a casa sua Cocchi e i suoi uomini, che lo cercano per ucciderlo; ma appena arrivano, Lanzetta e Pignataro ingaggiano una sparatoria contro di loro, massacrandoli tutti. Inoltre a cadere sotto i colpi saranno anche Torri e Rina, nascosta dietro la porta ma colpita lo stesso da una raffica di mitra. Infine Pignataro ucciderà don Corrasco ed inscenerà un massacro tra gli uomini di Cocchi e quelli del boss. Lanzetta si rifugia in una casa di montagna per aspettare che la situazione si calmi ma Pignataro, d'accordo con l'avvocato Rizzo, la fa esplodere per ucciderlo. Ma Lanzetta è riuscito a scappare in tempo e così gli spara, uccidendolo: ora è lui il nuovo boss.
Il film si conclude con una misteriosa telefonata che arriva all'avvocato Rizzo e con la comparsa della scritta "continua...".
Produzione
La prima del film avvenne il 1º febbraio 1973, a Genova. Il 2 novembre dello stesso anno l'allora ministro dei rapporti con il parlamento Giovanni Gioia presentò una querela per diffamazione, in quanto sosteneva che in una scena del film (nella quale si faceva riferimento a una serie di nomi di mafiosi) veniva fatto il suo nome, insieme a quelli di Tommaso Buscetta e Salvo Lima. In seguito alla sua denuncia il film fu sequestrato e il regista, insieme al presidente della società di distribuzione e al legale della casa di produzione Daunia '70 furono convocati per il processo, che però non si fece mai, in quanto Gioia ritirò la denuncia.
Rispetto al romanzo Il mafioso il film presenta alcune importanti differenze: innanzitutto l'ambientazione, che si sposta da New York a Palermo, poi il personaggio di Cocchi che nel libro è nero e si chiama Coakley, infine il finale, che Di Leo conclude ambiguamente, con una telefonata all'avvocato e la scritta "continua...".
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